Archivio mensile:novembre 2018
Storie per l’anima
Come il sale.
C’era una volta un re che rispondeva al nobile nome di Enrico il Saggio. Aveva tre figlie che si chiamavano Alba, Bettina e Carlotta. In segreto, il re preferiva Carlotta. Tuttavia, dovendo designare una sola di esse per la successione al trono, le fece chiamare tutte e tre e domandò loro: “Mie care figlie, come mi amate?”.
La più grande rispose: “Padre, io ti amo come la luce del giorno, come il sole che dona la vita alle piante. Sei tu la mia luce!”.
Soddisfatto, il re fece sedere Alba alla sua destra, poi chiamò la seconda figlia.
Bettina dichiarò: “Padre, io ti amo come il più grande tesoro del mondo, la tua saggezza vale più dell’oro e delle pietre preziose. Sei tu la mia ricchezza!”.
Lusingato e cullato da questo filiale elogio, il re fece sedere Bettina alla sua sinistra.
Poi chiamò Carlotta. “E tu, piccola mia, come mi ami?”, chiese teneramente.
La ragazza lo guardò fisso negli occhi e rispose senza esitare: “Padre, io ti amo come il sale da cucina!”.
Il re rimase interdetto: “Che cosa hai detto?”.
“Padre, io ti amo come il sale da cucina”.
La collera del re tuonò terribile: “Insolente! Come osi, tu, luce dei miei occhi, trattarmi così? Vattene! Sei esiliata e diseredata!”.
La povera Carlotta, piangendo tutte le sue lacrime, lasciò il castello e il regno di suo padre. Trovò un posto nelle cucine del re vicino e, siccome era bella, buona e brava, divenne in breve la capocuoca del re.
Un giorno arrivò al palazzo il re Enrico. Tutti dicevano che era triste e solo. Aveva avuto tre figlie ma la prima era fuggita con un chitarrista californiano, la seconda era andata in Australia ad allevare canguri e la più piccola l’aveva cacciata via lui…
Carlotta riconobbe subito suo padre. Si mise ai fornelli e preparò i suoi piatti migliori. Ma invece del sale usò in tutti lo zucchero.
Il pranzo divenne il festival delle smorfie: tutti assaggiavano e sputavano poco educatamente nel tovagliolo.
Il re, rosso di collera, fece chiamare la cuoca.
La dolce Carlotta arrivò e soavemente disse: “Tempo fa, mio padre mi cacciò perchè‚ avevo detto che lo amavo come il sale di cucina che dà gusto a tutti i cibi. Così, per non dargli un altro dispiacere, ho sostituito il sale importuno con lo zucchero”.
Il re Enrico si alzò con le lacrime agli occhi: “E il sale della saggezza che parla per bocca tua, figlia mia. Perdonami e accetta la mia corona”.
Si fece una gran festa e tutti versarono lacrime di gioia: erano tutte salate, assicurano le cronache del tempo.B.Ferrero
✨✨✨✨✨✨✨✨✨✨✨✨✨❤Voi siete il sale della terra (Matteo 5,13).❤✨✨✨✨
Preghiera a San Giuseppe
Se recitata con fede e per un particolare beneficio spirituale
Anche se San Giuseppe nella Scrittura non dice una parola, il suo silenzio, esempio di fedeltà obbediente e cura diligente della Sacra Famiglia durante gli anni formativi di Gesù, lo ha reso uno dei santi più amati della cristianità.
La devozione al padre putativo di Gesù viene in genere fatta risalire al III o IV secolo, ma secondo il libro di preghiere Pieta c’è una preghiera a San Giuseppe che risale all’anno 50.
Ecco la preghiera, che per alcuni “non ha mai fallito, a patto che la richiesta riguardi il proprio beneficio spirituale o quello di coloro per cui si prega”:
Ricordate, Dio risponde sempre alle nostre preghiere, anche se non sempre ci aspettiamo la risposta che poi riceviamo.
Avrei voluto…
Avrei voluto svegliarmi una mattina,
e per una sola volta essere diversa
essere più forte, con gli altri e con me stessa
e invece sono qua
con un cuore colmo di silenzio .
Io che per non vedere gli altri soffrire
sto zitta e sopporto il mio dolore.
Io che quando parlo e chiedo qualcosa
non smetto mai di darmi la risposta
per non lasciarmi andare via.
Io che cammino tra la gente
e continuo a dire che va tutto bene
e spero sempre che gli altri non si accorgano
che non va per niente bene.
Io che giro per la casa di notte
per ascoltare la dolce melodia del silenzio
e godere la pace e la tranquillità
dove non c’è spazio e non c’è tempo.
Io che sono circondata d’amore e d’affetto
eppure a volte divento piccolina, piccolina
e me ne sto ferma e zitta in un angoletto.
Io con i miei sbalzi d’umore
e vivo di gioia …tristezza …malinconia
no,non vorrei tutto questo
vorrei essere diversa almeno per una volta
vorrei essere più forte con gli altri e con me stessa
e invece sono qua con un cuore colmo di silenzio…
Maria Viola
Storie per l’anima
Al tramonto
Tanto tempo fa un missionano attraversava le Montagne Rocciose con un giovane indiano che gli faceva da guida.
Tutte le sere, ad un preciso momento del tramonto, il giovane indiano si appartava, si voltava verso il sole e cominciava a muovere ritmicamente i piedi e a cantare sottovoce una canzone dolcissima, soffusa di nostalgia.
Quel giovane che danzava e cantava rivolto al sole morente era uno spettacolo che riempiva di ammirata curiosità il missionano.
Così, un giorno, chiese alla sua guida: “Qual è il significato di quella strana cerimonia che fai tutte le sere?”.
“Oh, è una cosa semplice” rispose il giovane.
“Io e mia moglie abbiamo composto insieme questa canzone. Quando siamo separati, ciascuno di noi, dovunque si trovi, si volta verso il sole un attimo prima che tramonti, e comincia a danzare e cantare. Così, ogni sera, anche se siamo lontani, cantiamo e balliamo insieme”.
Quando il sole tramonta, tu con chi balli?